In attesa di conoscere la lista completa dei top runner di domenica, conosciamo meglio l’azzurra Emma Quaglia
CAGLIARI – Emma Quaglia, domenica 3 dicembre, sarà al via della CRAI Cagliari Respira. La maratoneta azzurra torna a “vestire” un pettorale dopo la Maratona di New York del 6 novembre scorso. Dalla Big Apple è rientrata con un 14° posto che la soddisfa pienamente, ma anche con le gambe stanche e la mente un po’ provata. La portacolori del Cambiaso Risso Running Team Genova, però, mette subito le cose in chiaro e avverte le avversarie.
«Fisicamente mi sono ripresa, sono in salute – racconta Emma -. Ovviamente, dopo New York, non ho né gareggiato né affrontato allenamenti impegnativi. A Cagliari, domenica prossima, non cercherò una prestazione cronometrica, ma sicuramente venderò cara la pelle. Mi piace gareggiare, onorare le gare e dare sempre il massimo.»
Quest’anno è la terza volta che torna in Sardegna. Le piace proprio quest’isola…
«È vero: in aprile ho corso (e vinto, ndr) la Chia Half Marathon, in luglio ho partecipato (e vinto anche questa volta, ndr) la Carloforte Corre a gambe pai carrugi. Insomma, mi piace e mi porta fortuna. Durante queste “trasferte” ho cimentato una serie di rapporti di amicizia, con il presidente dell’ASD Cagliari Marathon Club Paolo Serra, e con tante altre persone. Mi hanno invitato a tornare, certo non dico di no. La gente è simpatica e ospitale e la Sardegna è unica!»
Torniamo per un attimo a New York, è stata la sua “prima volta”. È vero che ogni maratoneta, almeno una volta nella vita, dovrebbe parteciparvi?
«È una gara incredibile e sono d’accordo: andrebbe vissuta almeno una volta. Me ne avevano parlato, ma non avrei immaginato che potesse essere così “esagerata”, “diversa”, “unica”. C’è un’atmosfera particolare, che si respira anche nei giorni precedenti. La gente, quando ti incontra e capisce che farai la maratona, ti guarda come fossi un eroe, ti fa sentire importante. C’è molta attenzione verso gli atleti, che siano élite o amatori. Durante i 42 km non c’è metro libero dalla folla, che applaude e fa un tifo da stadio. In Europa, qualcosa di simile succede in alcune manifestazioni in Germania, ma è simile, non uguale! È una gara che può spaventare, ti mette sotto pressione, soprattutto se la corri da élite.»
È una gara che ha spaventato anche lei?
«La maratona è sempre la maratona, soprattutto per atlete che come me ne hanno parecchie alle spalle. Alla fine sono sempre e comunque 42 km. Quando, però, ne corri una in diretta mondiale, perché alla fine è questo che succede a New York, puoi lasciarti condizionare. Io, comunque, non ho sentito moltissimo la tensione, o meglio l’ho avvertita, ma non mi ha pregiudicato la prestazione; per quanto mi riguarda si è fatta sentire dopo, perché è chiaro che una volta che mi sono “tolta il dente”, mi sono rilassata e mi sono scoperta molto stanca di gambe e di testa.»
Ci racconta come è andata lungo le strade della Grande Mela?
«Ero in forma, arrivavo da un buon periodo, in cui avevo corso bene anche gli allenamenti. In una gara piatta e veloce avrei cercato un crono sotto le 2:30, ma la maratona di New York non è una gara in cui ricercare la prestazione cronometrica. Questo non solo per il percorso molto impegnativo, ma anche perché è una gara tattica: assomiglia più a un Europeo o a un Mondiale piuttosto che alla “solita” maratona. Siamo partite lente, nel primo chilometro abbiamo corso a più di 4:10. Dato il ritmo, ho percorso 18 km con il gruppo di testa, con campionesse del calibro di Mary Keitany, Edna Kiplagat, Shalane Flanagan e la campionessa europea 2014 Christelle Daunay. Nel momento in cui loro hanno aumentato il ritmo, non le ho seguite, ho risparmiato un po’ di energie e gambe per dopo il 25° km, e da lì ho iniziato a risalire, dalla 21^ alla 14^ posizione. 2:34:10, il mio tempo finale, non mi rende felice, ma per quanto spiegato poco fa non ha grande valore. Il piazzamento, invece, mi soddisfa molto, per me è stata una gara bellissima.»
Correre a New York, per lei, è stato il sogno che si avvera?
«È una frase quasi abusata, ma per me è proprio così. A scuola, in un tema dal titolo: Racconta cosa farai da grande, scrissi che avrei avuto un cane e avrei corso la Maratona di New York. All’epoca, nel mio curriculum atletico figuravano, forse, due campestri. Oggi ho due cani e ho tagliato il traguardo della maratona più famosa del mondo. Ho davvero coronato i miei sogni di bambina!»
Mancano pochi giorni alla CRAI CagliariRespira. Cosa si sente di suggerire a chi, come lei, parteciperà alla gara?
«Voglio dare il consiglio che anch’io faccio sempre fatica ad ascoltare: è necessario arrivare alla gara riposati sia fisicamente sia mentalmente. Noi invece vogliamo essere prima di tutto preparati e per questo abbiamo il brutto vizio di continuare a svolgere allenamenti impegnativi. Il lavoro, invece, deve essere già stato fatto. Soltanto se si è mentalmente riposati, si è anche carichi, pronti a dare il meglio in gara, a tirare fuori tutte le energie. Bisogna dormire tanto e mangiare bene. Lasciamo dolci, fritti, vino e feste al dopo gara, anche perché in Sardegna andiamo sul sicuro».